Ludwig van Beethoven (1770-1827) - Trio in Do minore op. 1 n. 3
Siamo intorno al 1794-1795, quando il venticinquenne Ludwig van Beethoven, dalla provinciale città di Bonn in cui era nato, consegna al dedicatario principe Lichnowsky, all’aristocrazia e all’entourage musicale di Vienna la sua raccolta di Trii op.1. Nonostante la denominazione non si tratta delle sue prime opere in senso cronologico, ma costituirono deliberatamente un biglietto da visita per il giovane musicista che si presentava ufficialmente al pubblico come compositore, sostenuto dall’entusiasmo di una cerchia di ammiratori viennesi che aveva intuito le potenzialità del suo genio. I tre trii sono infatti la manifestazione della forza di un compositore capace di osare e affermarsi senza timore, con originalità e slancio, nel mondo musicale.
Tra i numerosi aneddoti, più o meno attestati, intorno al rapporto tra Franz Joseph Haydn e Beethoven, ne compare uno relativo alla prima esecuzione dei tre Trii op. 1 presso la casa del conte Carl von Lichnowsky.
Si racconta infatti che quella sera tra gli uditori vi fosse Haydn stesso, figura ammirata dal giovane Beethoven. L’allora sessantenne maestro, secondo il racconto di Ferdinand Ries, pare che al termine della performance espresse numerosi elogi per la bellezza dei primi due trii, affini alla sua scrittura, mentre nei confronti del Trio n. 3 in Do minore, il più intenso, tormentato e innovativo, espresse qualche riserva, tanto da sconsigliarne a Beethoven la pubblicazione.
Secondo Ries le ragioni furono il timore dell’incomprensione del pubblico nei confronti della sua arditezza e originalità. Tuttavia il successo di quest’opera fu immediato e venne subito accolta con entusiasmo.
La scelta della tonalità di Do minore, con il suo carattere allo stesso tempo drammatico, tragico ed eroico, pervade quasi l'intera composizione. Il colore di questa tonalità ben si combina infatti con la grande tensione espressiva e l’urgenza incontenibile di quest’opera, che si dispiega attraverso la modalità del contrasto.
Il Beethoven ventenne era inquieto, in continua ricerca e conflitto con se stesso. Col tempo il suo animo non si è particolarmente rasserenato, ma è proprio grazie a questo suo mondo interiore in ebollizione, che oggi possiamo godere di straordinari capolavori.
Leonidas Kavakos, Clemens Hagen e Marc-André Hamelin suonano il Trio in Do minore op. 1 n. 3 di Ludwig van Beethoven
L’apertura di quest’opera, non a caso, è costituita da una domanda. Il compositore interroga il proprio uditorio. Il primo inciso è incerto e sospeso, in cerca di risoluzione tra slanci e tentativi, interruzioni, asserzioni e negazioni. Il movimento di apertura è dominato da drammaticità e tensione, con brevi parentesi, ora dolorose ora più serene, che non trovano però mai pace nemmeno nella dolcezza.
In contrasto si colloca l’Andante cantabile successivo, pagina semplice e serena, in tonalità maggiore, che si dispiega in cinque variazioni in cui il tema inizialmente esposto dal pianoforte, viene trasfigurato e sfumato in modo molto raffinato fino ad una coda calma che ci congeda col sorriso.
In terza posizione troviamo un Minuetto, ormai da Beethoven già manipolato e deformato rispetto alla tradizionale danza di corte settecentesca. Anch’esso nella dolente tonalità di Do minore, è mosso da frammenti dialogici e imitativi contrassegnati da spostamenti d’accento metrico e sobbalzi ritmici. Tutta la sua complessità viene però sciolta nella sezione seguente, dove alle vivaci e virtuose scale del pianoforte, si alternano umoristici scambi e commenti gioiosi degli archi.
La pagina finale dell’opera si afferma perentoria con un unisono assertivo e definitivo. L’agitazione è viva sin da principio e non demorde nemmeno nei momenti più cantabili. Rincorse e tensioni vibranti ci portano con irruenza e senza respiro ad una conclusione sorprendentemente distesa e positiva.
«Molti asseriscono che ogni brano minore debba terminare in minore. Nego! Al contrario ritengo che il maggiore abbia un effetto glorioso. La gioia segue il dolore, lo splendore del sole la pioggia. Mi commuove come se stessi guardando l’argenteo scintillio della stella della sera» (L.van Beethoven)
CONSIGLI DI LETTURA:
- Autobiografia di un genio, antologia originale di lettere e pensieri di Ludwig van Beethoven a cura di Michele Porzio
- Beethoven. La vita, l’opera, il romanzo familiare di Maynard Solomon
Non perdere l’occasione di ascoltare quest’opera dal vivo per Musica in Scena 2022, il 26 marzo con il Trio Goldberg, presso l’Auditorium Dedalo!
https://www.dedalomusica.it/concerti/musicainscena/46-trio-goldberg