Composta in prima battuta nel 1853-1854, all’età di vent’anni esatti, l’opera fu così significativa per Brahms, da subire un’importante revisione nel 1889 quando ormai il compositore si trovava nella sua piena maturità artistica. A differenza dell’op.1 di Beethoven possiamo qui assistere ad una fase affascinante della creazione musicale: l’artista che guarda retrospettivamente se stesso, rivive e rimodella la materia musicale. Si tratta di una rielaborazione artistica che filtra l’entusiasmo giovanile, con la sua energia ma anche le sue ingenuità, attraverso l’esperienza e la distanza temporale. Nel tentativo di tener viva la spontaneità e la freschezza primigenia, Brahms incanala l’energia in una forma più organica. Il risultato non snatura infatti l’ardore e lo slancio estroverso, che avevano entusiasmato fin da subito gli ascoltatori.
A distanza di 34 anni dalla prima stesura del Trio, Brahms scriveva a Clara Schumann «Non puoi immaginare con quale fanciullaggine ho trascorso i bei giorni estivi. Ho riscritto il mio Trio in si maggiore e posso chiamarlo op. 108 invece che op. 8. Non sarà più rozzo come prima - ma sarà migliore?».
Queste parole fanno emergere la consapevolezza che la seconda versione di quest’opera costituisse qualcosa di differente ma non alternativo. L’esistenza di una revisione non deve inoltre portare attribuire una presunta superiorità dell'ultimo stadio sul primo, poiché nemmeno Brahms operò un paragone qualitativo sulle due vesti dell’opera.
In una lettera all'amico Julius Otto Grimm del marzo del 1890, parlando del Trio, il compositore scrisse di «Non avergli messo una parrucca, ma di averlo solo pettinato e di avergli ravviato un po' i capelli».
Nel Trio appaiono già le principali caratteristiche della musica cameristica del compositore: tensione romantica nella grande architettura formale, appassionati temi e densità sinfonica.
Elena Bashkirova, Boris Pergamenschikow e Maxim Vengerov suonano il Trio in Si maggiore op.8 n.1 di Johannes Brahms
L’Allegro con brio si apre con una delle più belle melodie brahmsiane, immensa e grandiosa nella sua graduale apertura e progressiva intensificazione. Un incipit che spalanca la vastità dell’orizzonte entro cui si muove l’intera pagina.
Lo Scherzo successivo si agita energico e dinamico, vivace e nervoso, in una rincorsa misurata delle voci, per poi sciogliersi in un appassionato canto nella sezione contrastante.
Sospeso, poetico e rarefatto è invece l’Adagio che segue, avviato da un corale pianistico solenne e seguito dal ricamo responsoriale degli archi. Al suo interno prende spazio anche una malinconica e dolorosa melodia che però, effimera, torna ciclicamente al quadro espressivo iniziale, intimo e introspettivo.
Instabile ed enigmatico è invece l’Allegro conclusivo, unico in tonalità minore, dominato dal cromatismo, combattuto tra dramma e passione. Il movimento scorre risoluto e deciso fino ad una coda serrata e di grande impeto, che chiude un’opera dai grandi sentimenti.
CONSIGLI DI LETTURA
- Johannes Brahms. Autobiografia dell’artista da giovane di Piero De Martini
- Johannes Brahms di Maurizio Giani
Non perdere l’occasione di ascoltare questo brano dal vivo per Musica in Scena 2022, il 26 marzo con il Trio Goldberg, presso l’Auditorium Dedalo!
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